L’uso iniziale del pongo per le sue variopinte, piccole e poi sempre più grandi sculture, fino a ricoprire e trasformare con esso oggetti quotidiani, non sono mai state dimenticate dal “suo” pubblico.
In questa mostra si possono ammirare opere in ceramica, materiale che lei lavora dal 2008, e grandi quadri materici coloratissimi strutturati quasi a basso rilievo: gatti neri tra case allungate, alberi dai lunghi tronchi con ampie chiome rotondeggianti danno vita a paesaggi fiabeschi, da sogno, quasi fossero illustrazioni per bambini. La ceramica “è” i quattro elementi della vita: terra, acqua, aria fuoco, poi il colore, il tempo che passa e si ripete. Le sue sculture hanno solide basi, rivestite da orifizi, dalle quali esili diavoletti o figure femminili si allungano, come le vedute dei dipinti, verso l’alto, innalzandosi, alleggerendosi della materia e librandosi a ricordarci il genio della lampada, o la nascita della Venere di Botticelli. Sono anime che trasmigrano verso altri corpi, quelli di noi spettatori. Imprendibile è l’arte della Tomboloni; l’anima possiede luce ed ombra, morte e (ri)nascita, distruzione e ricostruzione. Sandra ci porta la gioia del colore e della fiaba ma anche la sofferenza della vita, sentiamo davvero che per questa artista la vita è arte e l’arte è vita.
Attraverso le sue opere capiamo come nell’esistenza non risieda un’unica verità, ma tante verità. Nella poetica della Tomboloni tutto è dualità, nascita e morte, luce e ombra, tutto è trasformazione; il tempo scorre e ciclicamente ritorna, è come una ruota.
A terra tanti crateri in ceramica con diverse tonalità di verde creano un tappeto: è inquietante, scarafaggi escono dai buchi, ci richiama La metamorfosi di Kafka dove Gregor Samsa si sveglia insetto, vive la sua nuova vita cercando, in principio, di nascondere la sua forma. Ma la vita è fatta anche di scarafaggi: sporchi e disgustosi, cerchiamo di celarli, ma comunque vengono fuori, passeggiano sul nostro tappeto verde, erboso, primaverile. Tomboloni non ne fa un dramma, li accoglie, dà loro una forma ed un luogo dove farli camminare, li condivide con noi.
Tre figure femminili, esili. Il loro busto si allunga uscendo da una base che sembra una gonna, simili a dervisci, mediatrici tra cielo e terra, al principio della danza sacra, anime che si staccano dalla materia per l’estasi.
In questa mostra l’artista ci contagia con la sua capacità di vivere pienamente il dualismo della vita: dolore e gioia, luce e oscurità, morte e rinascita, distruzione e ricostruzione, sprigionando energia vitale che trasforma, trasmigra dalle sue mani imbrattate di argilla e colori, a noi, al mondo.
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