domenica 27 gennaio 2013

Dagli indici ai pollici di Pietro Calabretta



Alla Galleria Immaginaria di Firenze l’installazione, “Dagli indici ai pollici” di Pietro Calabretta, ha l'odore nauseabondo di plastica che ci avvolge entrando: grandi sacchi neri per la nettezza occultano gli scaffali, una cascata di libri esce da un sacco a indicare che dietro questa “spazzatura” c'è la cultura ma uno spesso velo nero la ricopre. La citazione CERTA MITTIMUS, DUM INCERTA PETIMUS (Plauto)“Rinunciamo alle cose certe alla ricerca delle cose incerte” ci invita a cercare le cose incerte. Calabretta ha concepito questa installazione come un viaggio dello svelamento così che entrando nella seconda sala leggiamo: O PESSIMUM PERICLUM, OPERTUM QUOD LATET! (P. Sirio) “Grande pericolo celato in luogo sicuro”. Televisori portatili, di tanti i modelli e colori, occupano il posto dei libri nello scaffale e ci “guardano”. In questo gioco di rovesciamento di sguardi udiamo il loro brusio, affascinati e sedotti dalla loro invadenza e bellezza. Siamo stati catturati dai televisori della collezione di Pietro Calabretta, che, non molti anni fa, ammirando la sua piccola installazione di TV portatili, sistemati per caso in una libreria, capì che era bello osservarla dal divano in cui sedeva e ne cominciò la raccolta. Tutto è iniziato per caso, dice, adesso ha 1500 televisori portatili che sono rigorosamente in bianco e nero e funzionanti, i più vecchi sono degli anni '50. Dunque Calabretta ci ha attirato in questa sala spogliati delle cose certe e alla ricerca delle cose incerte, scopriamo che abbiamo abbandonato e buttato i libri per la televisione, in questo caso portatile, cioè che può stare sempre con noi in ogni luogo, piccola non occupa lo spazio fisico ma solo quello mentale sostituendo il libro. Il bla bla televisivo spesso è un rumore di sottofondo che ci distrae, ci stordisce, ci rilassa, non ci fa pensare, ci culla, ci tiene compagnia; distratti registriamo messaggi senza rielaborarli. Abbiamo buttato il tatto, la vista, la parola scritta, l'odore della carta, il pensiero attivo, ossia il libro, per scoprire, in luogo sicuro il pericolo di diventare esseri non pensanti e manipolati dai mass media. Il nostro percorso prosegue ma serve un atto di volontà per entrare nella terza sala perché è chiusa da una tenda nera, se lo facciamo c'è lo“svelamento”. La sala è oscurata, le televisioni sono distrutte e buttate nei bidoni dell’immondizia e due colonne di libri rinascono, con essi c'è la voglia di tornare protagonisti, di essere attivi e ragionanti, ritorna la voglia di comunicare e discutere perché la parola scritta non è apparenza, parla di noi e a noi, ci fa pensare, ci insinua dubbi e riflessioni, ci rivela. La parola scritta porta in sé amore, passione, sofferenza, gioia: HOC EST IN VOTIS (Orazio) “Questo è dunque l'auspicio”. Questa sala rende al libro il suo posto d'onore con l’auspicio che l'uomo ritrovi la capacità di pensare con la propria mente: “Se ritieni che l’umanità sia troppo uniformemente grigia, vai alla ricerca del tuo colore e sii unico” scrive Pietro Calabretta nel suo libro La saggezza del Marabù, e allora, dopo lo svelamento, accettiamo con gioia l’invito di Calabretta a bere e a brindare per aver ritrovato noi stessi, quali entità pensanti, e il libro quale speciale compagno di viaggio.

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