lunedì 30 settembre 2013

Phatos di Rita Pedullà



Fiori, un grande petalo o un cuore rosso, mazzolini di fiori gettati in aria, queste sono le tele di Rita Pedullà in mostra, dal 25 settembre al 5 ottobre 2013 alla Galleria La Corte Arte Contemporanea di Firenze, col titolo Phatos. Gli abiti dei quadri sembrano fiori capovolti che volteggiano in aria creando scie colorate e profumate accompagnati, per l’inaugurazione, dalla performance musicale di Erika Giansanti violinista. Musica e pittura invitano a danzare con una complicità assoluta tra le note e le tracce dei fiori, è un movimento incalzante, gli abiti senza corpo di Pedullà volteggiano nello spazio sfiorandoci, abbracciandoci e trascinandoci in una danza per la vita. Pathos è moto verso la vita, verso le emozioni intense e profonde, è la danza in onore a Dioniso, Dio dell'estasi e della liberazione dei sensi che rappresenta l'essenza del creato nel suo fluire, elemento primigenio del cosmo, nell'ebbrezza dionisiaca c’è l'unione col divino. Gli abiti nel movimento e nella musica prendono altre sembianze mentre l’aria riceve e inghiotte fiori e mazzolini, un passamano di boccioli e colori, le linee abbozzate in aria da essi si potrebbero dipingere. La pittura di Pedullà sta “svestendosi”, il suo lavoro sulla donna si sta raffinando e affinando, sempre più c’è universalità. L’artista togliendo le vesti e le sembianze di donna diviene portatrice di simbologie universali perdendo le connotazioni individuali. Pedullà non ritrae più donne, i loro corpi e le loro storie personali ma qualcosa d’altro, forse la loro essenza, qualcosa comunque che rispecchia l'umanità intera, la natura e lo spazio. Queste opere sono, nella loro materialità, essenziali, le sgocciolature, le ruote dei vestiti sono le gioie e le sofferenze di tutti esattamente il Phatos e ognuno di noi ci vede la propria storia personale ricordi di amori, di viaggi, d’incontri mancati. Ricordi vicini e lontani che volteggiano nell'aria in un ballo sensuale e coinvolgente. Gli abiti nonostante la loro leggerezza sono pesanti, hanno la gravità che li riporta a terra perché nell'arte di Pedullà c'è una svolta data dalla perdita dei volti e dei corpi, un vuoto che le consente di sfiorare l’essenza della vita e quell'essere forte e reale nonostante la vaporosità e il colore. Fiori gettati e ripresi e poi ancora gettati, Phatos è la passione che spinge verso la conoscenza, è la direzione che ci permette di essere noi stessi fino in fondo ed è ciò che ci consente d’abbandonare il superfluo per il necessario, quello che accade nei quadri di Rita Pedullà.

sabato 28 settembre 2013

12 ore di notte di Giampaolo Di Cocco



ECLETTICO Spazi d’Arte: l’installazione di Giampaolo di Cocco 12 ore di notte è sospesa tra mobili di modernariato restaurati da Eleonora Banchi e opere fotografiche di Virginia Panichi. Il lavoro comprende parti in alluminio e piombo oltre a dodici satelliti con illuminazione led, tutti sospesi. L’istallazione è un sarcofago e subito pensiamo a Osiride fatto giacere, con l’inganno, da suo fratello Seth in un sarcofago riccamente decorato poi, sigillato il coperchio, gettato nel Nilo. Il corpo di Osiride ritrovato fu fatto a pezzi e sparsi in giro, la moglie Iside iniziò un’affannosa ricerca fino a ricomporne il corpo e avere un figlio, Horus. Osiride di nuovo in vita diventò il re degli inferi, il re delle 12 ore di notte. Per gli egizi il coperchio del sarcofago era il cielo, il fondo la terra, i lati i punti cardinali, il morto era inumato con la testa a nord e il volto a oriente, verso il sole, il sarcofago era il cosmo. L’artista ha creato un sarcofago in alluminio con pezzi mobili, sono le parti del corpo di Osiride, Dio degli inferi e della fecondità, e la sua ricomposizione. Il sarcofago di Osiride è barca che naviga le acque del Nilo, Osiride ritrovato, fatto a pezzi, ricomposto e rinato è come il sole che nasce e tramonta, come noi che ci svegliamo e ci addormentiamo. Ogni giorno della nostra vita nasciamo e moriamo perché moriamo nelle 12 ore di notte e rinasciamo al mattino, in questa installazione ogni ora è un piccolo animale o piramide. Il sarcofago è leggero, aperto, adattabile perché ciascuno di noi ha le proprie 12 ore di notte, ma tutti viaggiamo verso la morte, punto d’incontro tra l’individuale e il collettivo. Durante le 12 ore di notte incontriamo gli archetipi, ogni ora è scandita da simboli raggiungibili con il sogno o con l’arte, medium tra conscio e inconscio, tra individuale e collettivo, 12 ore di notte è conoscere le tenebre portatrici d’immagini su cui lavorare nel mondo di sopra. Il sarcofago diventa la barca che ci conduce all’Ade, l’artista ci dà il mezzo con cui partire e un linguaggio, il sarcofago-barca percorre acque profonde per pescare preziosità. L’istallazione non è scioccante o angosciante ci incuriosisce, ne sentiamo la positività dell’andare verso la morte senza paura perché “Una vita tesa all’autocoscienza si realizzerà con una morte felice” scrive l’artista. Ogni volta che il sole tramonta, che ci addormentiamo o che varchiamo il nostro inconscio arrivano le 12 ore di notte siamo Osiride dentro il sarcofago e non sappiamo dove ci condurrà e chi e cosa incontreremo. La morte è notte, l’arte ci avvicina a essa con la percezione che ritorneremo energia pura e la nostra individualità si ricomporrà con il tutto perché i pezzi possono essere gli individui che si ricongiungeranno nel tutto Osiride. Forse per questo 12 ore di notte di Giampaolo Di Cocco ci trasmette pace, serenità e la comprensione che siamo parte dell’universo. L’istallazione sarà visibile fino al 10 ottobre 2013. 

www.giampaolodicocco.com 

Pubblicato su Cultura Commestibile 


venerdì 20 settembre 2013

In ascolto di Angela Chiti






“In ascolto” di Angela Chiti al Palazzo Medici Riccardi di Firenze chiude una trilogia di mostre iniziata con “A occhi chiusi” e “Passi sospesi”. Angela fotografa istintivamente dando voce al suo intimo, spesso il primo scatto è quello giusto. La fotografia è digitale e non rielaborata, i soggetti delle opere sono frammenti, dettagli, ombre, macchie, particolari di oggetti inutili o buttati che lei riconosce e soprattutto ascolta. Angela si trattiene volontariamente e attentamente a udire, presta la propria attenzione e partecipazione a qualcosa nel mondo che la circonda e coglie segnali che spesso non sono dove ce li aspettiamo. Il suo viaggio prende forma lentamente, le poesie accompagnano le sue opere, la purezza della sua fotografia è forza che diventa introspezione e narrazione della materia sensibile ed emotiva. Questa mostra ci insegna che se impariamo ad ascoltare veramente piccoli frammenti del mondo reale che sono Enigma, diventano poesia, storie, volti, paesaggi. In ascolto è un cerchio che non ha inizio né fine, una linea unica le cui estremità si annullano l’una nell’altra. Ascolto è captare i dettagli dietro l'apparenza, è sintonizzarci con qualcosa che va di là dei gesti e delle parole di una relazione. Angela fa il suo personale viaggio Onda verso l’interiorità, dove l'oggetto o il particolare si trasforma, inizialmente ci parla un linguaggio confuso ma poi diviene sempre più chiaro e diretto. Ascolto, essendo cerchio, è armonia che traduce l'indifferenziato in uguaglianza. Ascoltare il mondo circostante significa entrare in rapporto prima di tutto con noi stessi in profondità con attenzione e riflessione. Significa cogliere i particolari, in apparenza privi d'interesse, che si comporranno poi in un tutto unico, Principio di unità, anche se l'inizio è caos dettato dalla materia, dalle emozioni e dalle parole che diventano Labirinto di parole o Sillabe e suoni. Ascolto è imbattersi nei rumori della città, con l'angoscia primordiale, con l'inganno, con l'essenziale, con un incontro mancato ma anche con la nostra interezza e capire che i frammenti si riordineranno. Ascolto è percorrere sensazioni, paesaggi, ritornare alle Terre prime, fino ad approdare al contatto con l’altro e trovare Nero gioia. Qualunque vicinanza ci porta la sensazione di vuoto, di abisso, di nero, di precipitare perché la gioia ha in sé anche il nero, lo sconosciuto, l'ignoto. Il contatto è la fine del cerchio che si annulla con l'inizio per ricominciare di nuovo perché la nostra vita non è altro che un ascolto continuo e potente per lo svolgersi delle nostre relazioni. La mostra In ascolto di Angela Chiti è visibile fino al 29 settembre 2013.