venerdì 28 novembre 2014

Autunno di Resmi Al Kafaji



Autunno 2014, le foglie cadono da sagome di alberi impresse su bella carta bianca che si confonde con la parete, cadono come lacrime sempre più numerose sulla terra, calpestate e decomposte diverranno humus per nuova vita. Siamo dentro la mostra Autunno di Resmi Al Kafaji alla Galleria
Immaginaria di Firenze e calpestiamo le foglie/lacrime che hanno il potere di pulire, lavare e depurare l’albero/io dal vecchio per lasciare spazio alla nascita di nuove gemme sui rami spogli e nudi in una primavera lontana ma non irraggiungibile, Il sogno 2014 è il vortice che ci trattiene e ci sospinge verso questo centro vitale e in parte sfuggente. In Autunno l’albero/io è nudo di fronte alla realtà, al mondo, a se stesso e all’inverno dell’anima che potente arriverà imbiancando la terra con una coltre bianca e tutto sarà silenzio e raccoglimento. Autunno è il ruzzolare delle nostre lacrime foglie e malinconia di ciò che era e non è più, le foglie cascano, volano nel vento, scompaiono lontano, mucchietti rimangono al piede del nostro albero ma poi col tempo si confonderanno col terreno e non le vedremo più, diventeranno parte di un tutto, parte del passato non lontano. Le lacrime foglie scendono sul nostro corpo albero rimuovendo un passato che forse non passerà mai, la speranza è che si trasformi in altro. In dolcezza autunnale, in maggiore comprensione di noi stessi e del mondo che ci circonda, in incontri ancora tutti da creare. Autunno di Resmi Al Kafaji è l’accoglienza e il languore dello stare a coccolarsi e riscaldarsi ai suoi caldi colori, arancio, giallo, rosso. E’ fuoco che scoppietta non fiamma vivace dell’estate oramai finita, Autunno è il naturale ritirarsi per la chiusura di un ciclo in attesa che un altro si apra. In galleria il cadere delle foglie lascia spazio all’opera Concerto autunnale 2014, dove il suono dei colori autunnali si dispiega nello spazio e la pittura si fa infinito e opportunità. E’ una fisarmonica, come l’ha definita lo stesso artista, che si estende e si contrae in un ampliamento di melodie. Diventa un bosco di bambù, è il silenzio della natura e la concentrazione del sottobosco, dove la musica e il ritmo sono impercettibili. L’opera svela un’esistenza colorata e ci percepiamo la dignità di tutti gli esseri umani che fanno parte dell’orchestra che esegue il concerto della vita. Essere nel Branco, 2014 è unirsi spontaneamente ai nostri simili o conformarsi passivamente, a noi la scelta perché la mostra di Resmi Al Kafaji è un invito a far cadere ciò che si è compiuto, compresi i nostri pregiudizi, ed è un inno alla tolleranza verso chi è diverso da noi, ma insieme con noi può fare un concerto. In Autunno l’artista ha cercato l’incontro tra gli individui e le culture, il fare “branco”, all’orizzonte la Toscana con i suoi bei paesaggi in china di colline e cipressi Collina toscana 2014.




sabato 15 novembre 2014

Diario di viaggio di Fernando Cucci



L’artista Fernando Cucci è ospite alla Galleria Immaginaria di Firenze con la sua mostra personale Diario di viaggio fino al 20 novembre 2014, le opere sono recenti e alcune di grande formato. Le opere Impressione 2014 e Il lungo cammino2014 ci accolgono all’entrata della galleria e riassumono il lungo viaggio che quest’artista profondo, appassionato e raffinato ha compiuto. Le sue opere richiamano culture diverse rinnovandoci ogni volta emozioni e avvicinandoci al bello e all’arte. Cucci ci culla tra le sue braccia artistiche e ci fa intuire ciò rimane di un viaggio esteriore o interiore ciò che lui riesce a trattenere, rielaborare e offrircelo attraverso la materia, il colore e il segno. Le sensazioni sono dolci, i paesaggi raffinati, le Architetture 2006 affiorano lievemente negli affascinati monocromi, le linee poi si estendono per diventare Confini 2013, Mappa 2013, Esodo 2012.
Diario di viaggio è magia di segno e colore, le tele sono materiche, incise, eleganti e sensuali, il diario diventa luogo di memoria di paesi lontani e di parole iscritte sulla sua superficie Meditazione 2014. Il piano della tela diventa sito archeologico o spazio architettonico, luogo ove si rammenta e si costruisce. La tela è graffiata come la vita perché le esperienze incidono e i nostri ricordi col passare del tempo diventano segni, linee che caratterizzano la nostra mente e, il nostro corpo, solchi profondi o superficiali e comunque tratti scomposti che lentamente sedimentano e si armonizzano, si lasciano coprire da altri oppure riaffiorano dolcemente o, ancora, con forza solcano la superficie pittorica. Cucci rileva questi di-segni che compongono il suo viaggio artistico, fa emergere la sua memoria individuale che s’incontra con l’esterno, con i suoi spostamenti per il mondo, con la sua apertura fino a far diventare il tutto bellezza artistica ed eleganza. La continua ricerca verso nuovi orizzonti e conoscenze favorisce la creazione di nuovi confini perché il nostro Confine 1 2013 cambia continuamente nella vita, si ristringe, si allarga, diventa mobile o s’irrigidisce, si apre o si chiude per far entrare emozioni, persone e immagini dal mondo circostante. Nelle tele di Cucci i colori si mischiano a culture antiche, i rossi ricordano gli affreschi rinvenuti a Pompei, il passato di siti archeologici si fa presente Viaggio in Egitto 2010 e ciò che entra nei nostri confini è rielaborato dall’artista in una sintesi tra l’individuale e il sociale con il risultato di un arricchimento e di una crescita artistica. Dall’interno 2013 è l’opera che sorge dalla profondità della galleria, sembra un’antica seta ricamata giapponese e chiude il Diario di viaggio di Fernando Cucci ma ha ali per la libertà di migrare verso altri lidi.









mercoledì 12 novembre 2014

Alogo di Dimitris Chiotopoulos






Alogo di Dimitris Chiotopoulos è la mostra, curata da Giuliano Serafini, alla Galleria La Corte Arte Contemporanea di Firenze visitabile fino al 18 novembre 2014. Sono dieci tele che fanno parte di un più ampio progetto dell’artista dal titolo “Total Art”, dieci variazioni cromatiche di una stessa icona, appunto alogo dal greco moderno cavallo, anzi due sagome di cavalli che si fronteggiano, si abbracciano e si fondono nella dispersione cromatica al limite della riconoscibilità. Sono dieci tavole come i dieci comandamenti, dieci tavole ognuna di un colore diverso, dieci icone che ci trasmettono un particolare messaggio espresso anche dai colori usati dall’artista. Le immagini sono fuori dal tempo e dallo spazio trasfigurate e lontane dalla fisicità. I corpi dei cavalli acquisiscono dissolvenza, astrazione e incorporeità, il colore diventa gioia dello spirito proprio come nelle icone. Ci smarriamo nelle figure che si disperdono in belle e corpose pennellate con un movimento verso l’alto che smaterializza le forme dipinte. La posizione delle tele richiama un cerchio, le dieci opere ci ricordano che il numero dieci è la perfezione concernente lo spazio-tempo circolare e indica il cambiamento che permette l’evoluzione e la crescita spirituale. Entrare in galleria è scoprire enormi carte dei tarocchi con le quali possiamo giocare a leggere il nostro futuro, ci sentiamo parte di un tutto che ci fa scordare il particolare per entrare in una dimensione universale e arrivare direttamente all’origine: “…intercettare la visione perché da quel flash emanasse l’essenza “spirituale” del cavallo, la sua anima..” scrive Giuliano Serafini. Queste tele ci aprono, inoltre, al ricordo di un antico monumento, il cerchio di pietre. La mostra di Dimitris Chiotopoulos è ricerca dell’essenza, Alogo diventa opportunità di evoluzione spirituale per abbracciare il tutto unico dove la fusione diviene conoscenza e l’essenza è l’esistenza. Alogo di Dimitris Chiotopoulos si fa, quindi, essenza stessa della vita.
 


venerdì 17 ottobre 2014

L'orlo del buio di Francesca Lagorio



Silenzio inversi – Silenzio in versi sono le parole scritte su un'opera di Francesca Lagorio alla Galleria Tornabuoni di Firenze con la sua mostra personale L'orlo del buio. Le opere hanno sfondi neri, bui, notturni, i collage sono lampi come se nel buio la nitidezza di alcune immagini o parole si stagliasse per dare segnali di luce e di orientamento per non cadere completamente nelle tenebre senza una via di uscita. Il nero totale opprime, accerchia, si fa molto stretto intorno a noi, al nostro fisico e alla nostra mente, però Alic'è con lo specchio a indicare che sempre in noi c'è o è un’Alice o meglio c'è la meraviglia di scoprire una nuova realtà perché varcando qualsiasi soglia abbiamo sempre un’altra possibilità e lo stupore dell’esser è. La scelta è una parola che, insieme all’immagine che la accompagna, ci fa fermare a osservare l'opera e ascoltare noi stessi. Le immagini delle opere sullo sfondo nero si compongono e si sovrappongono in giochi di luci e di richiami quasi onirici, lo spago è un filo conduttore, La sintesi, una mano è appesa a esso oppure al polso femminile è legata la cordicella di un palloncino? E’ leggerezza e volo o pesantezza di sentirsi allacciati e trattenuti? Né L’orlo del buio ci sono parole e riferimenti letterali ma ci sono anche tanta purezza e comprensibilità come se nel buio le immagini si mutano in stelle a rischiarare il cammino. C’è contrasto tra il nero che vuole affondare, coprire e queste immagini che si rendono visibili in tutta la loro intensità e luminosità denotando una forza di sopravvivenza e di affermazione nonostante il buio completo e profondo. Il nero ha dentro di se forme e parole che Francesca Lagorio fa uscire con tutto il loro vigore e definizione, un paradosso tra il buio che non ci fa vedere niente e i collage che hanno luminosità e potenza di esserci e nello stesso tempo la timidezza dell’interiorità. Le opere di Lagorio sono opere nere che hanno il coraggio di farsi scrutare dentro, l’artista lascia che le immagini salgano in superficie da quest’oscurità dove tutto è confuso e raccoglie parole forti e soavi e, ancora, ritaglia immagini dal buio della mente per condividerle con noi. Francesca Lagorio ha un'anima gentile e poetica immersa nel nero, ma non fugge anzi ci scopre parole, emozioni e figure. Le opere sono potenti ma anche molto fragili e silenziose perché carne viva dell’artista. Questa mostra è silenzio inversi poiché tutto è l'inverso di tutto ed è in versi perché questa mostra è intima poesia.


venerdì 5 settembre 2014

Arno di Francesco Maria Testa



Arno è la mostra di Francesco Maria Testa alla Galleria Immaginaria di Firenze fino al 18 settembre 2014. Sono foto dedicate al fiume che attraversa la città, vita apparentemente immobile, uccelli come una composizione pittorica, l'acqua che si tinge di colori cangianti, azzurra, gialla, verde, marrone. Francesco Maria Testa fotografa il fiume e il suo scorrere, rossi scorci di ponti, particolari di muro che sembrano altro, realtà al limite dell’astrazione e dell’immaginario. Il fiume ci racconta le memorie di Firenze e i ricordi di un artista “fuori dal comune” fotografo pittore che con la macchina fotografica dipinge. E' una mostra calma, distaccata, Testa osserva, percepisce, intuisce, rimane in attesa e in ascolto. Guarda lo scorrere del fiume senza farsi prendere dal vortice della passione, attraverso i suoi scatti il fiume Arno ritrova la bellezza delle sue acque d’argento perduta nella quotidianità cittadina. L'artista ci aiuta e ci obbliga a soffermarci per vedere questo solito fiume con occhi diversi, gli argini dell’Arno ci rivelano la vita e intuiamo che esso è anche il fiume del silenzio e della lentezza. Quietamente raccoglie il senso della vita nei piccoli movimenti, il posare degli uccelli sulla sabbia, i sassi, i legni che l'acqua trasporta, piccole e delicate armonie dentro un fiume che scivola tra i paesaggi toscani fino a buttarsi nel mare infinito portandosi dietro i gridi e i brusii, i giorni inquieti e le notti insonni, gli innamorati con i loro baci e, alcune volte, la morte. In queste foto l'Arno è poesia e raccoglimento, le sue acque si tingono dei toni del tramonto e delle albe, Testa li ha catturati e nella sua arte si disfano in macchie, sconfinano in pittura astratta, acquarelli, dove il fiume si dissolve per fare emergere non la sua forma ma la sua essenza, dalla sua profondità vengono fuori colori nascosti risaltati dall’oro del sole o dall’argento della luna. E' un Arno smorzato, vissuto nel suo scorrere spesso silenzioso tra i mille rumori ed eventi della città. Scorre portandosi dietro gli sguardi delle persone, la frenesia e lo sporco, scorre rivelandosi solo a chi lo sa guardare serenamente, a chi lo sa accogliere e ascoltare con amore come ha fatto Francesco Maria Testa che con questa mostra ci emoziona e ci rende grati al suo Arno.