sabato 1 giugno 2013

I passi d'oro di Roberto Barni


La bellezza è figura del bene ma in via dei Georgofili il 27 maggio 1993 alle ore 1.04 non fu così. Esplose una bomba, uccise cinque persone e l’arte, la ferita fu profonda, una voragine e non solo sul pavimento stradale ma in tutti noi, Firenze e il mondo si strinsero in un abbraccio ai morti e all’arte. La coltellata è ancora dolorante, sanguina al pensiero che la mafia volle mirare a vite umane e alla cultura che è l’anima e l’identità di tutti noi. Tutti provammo lutto per le vite stroncate e per l’arte distrutta ma soprattutto ci sentimmo vulnerabili e impotenti di fronte a tale devastazione; l’umanità nel suo essere fu colpita e questo ci sconvolse. Ora andiamo in via dei Georgofili, fermiamoci all’olivo che s’innalza e abbraccia il luogo come una preghiera, alziamo gli occhi al cielo e vedremo la bellezza. L’arte è risorta dalle macerie, l’arte che non ha mai smesso di esistere perché è cura, speranza e anima dell’universo. Al terzo piano di un palazzo che si affaccia in questa strada una scultura di Roberto Barni Passi d’oro “è la figura emblematica di un uomo che inizia il suo cammino in bilico su una lama che sporge dal muro accanto a una finestra chiusa, a venti metri d’altezza. Non incede da solo ma porta con sé altre cinque figure più piccole – ricordo delle vittime. La scultura dorata rappresenta l’arte nel suo perenne tentativo di superare la tragedia. Ho pensato di usare il bronzo e infine la doratura perché così di giorno l’opera brillerà al sole e di notte, stimolata da un fascio di luce artificiale, starà lì ad accecare le tenebre della barbarie” dice l’artista. E ancora “ho pensato che su una lama simbolo di morte si erga una figura come la vittoria, come una Nike, che con passo deciso avanza portando con sé le cinque persone dorate proprio per ricordare gli esseri umani nel loro splendore della vita, nelle loro case, nelle loro strade”. Passi d’oro è la memoria che guarda la ferita, conversa con l’olivo tessendo pace, salvezza, speranza. Il guardare in alto col fiato sospeso e il naso all’insù è ammirare l’oro stagliato nel cielo azzurro, il suo scintillio ci ricorda il percorso alchemico dalle tenebre alla luce. L’uomo che splenderà di notte mandando bagliori dorati sarà un faro a rammentare che l’uomo è distruzione e bellezza, e vita, e amore. Questo spazio è diventato sacro perché la vita è con la morte, l’uomo afferma che dobbiamo vivere per i morti e in loro onore, è nostro dovere continuare a vivere e a percorrere sentieri di bellezza proprio perché la morte propria e altrui può entrare nella nostra esistenza all’improvviso e in un attimo quello che era vita non lo è più come la lama di Passi d’oro che ha tagliato la parete del palazzo per uscire e ferire, qui colpisce la memoria, indica la morte già consumata. L’uomo avanza ma non dimentica il sacrificio che diventa conforto, è Wanderer, viandante, che col suo cammino spirituale ci ricorda di vivere . “Il bronzo vuol farsi figura di un’aspirazione a staccarsi da terra, a incedere, a guardare avanti e in alto” dice Antonio Natali direttore degli Uffizi e “History, culture and the arts need to be protecter for future generations” è l’auspicio della Fondazione Friends of Florence.

Pubblicato su Cultura Commestibile



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