sabato 23 febbraio 2013

Entropie


La Sala del Basolato al Palazzo Comunale Fiesole ha accolto Entropie, una collettiva di sedici artisti che ha offerto uno sguardo sui nuovi talenti del nostro territorio col proposito di creare un’interazione tra i vari linguaggi dell’arte.
Le opere esposte hanno dialogato creando entropia dal greco ν en dentro e τροπή tropé trasformazione cioè porta disordine all’interno di un sistema, ci accompagna al cambiamento, al punto di svolta, al rivolgimento, dove i mutamenti avvengono invariabilmente in una direzione sola, quella verso il maggior disordine. Gli artisti di questa mostra seguono percorsi molto diversi ma tutti arrivano a una trasfigurazione, a una svolta e a un sovvertimento dell’arte stessa.
Danilo Zappulla richiama Jan Vermeer con Ragazza con pircing al naso, 2011.  Giuseppe Zanone con Giacomo Pietrapiana e Annegriet Camilla Spoerndle ci ha attratto con Narciso, 2010 restituendoci un odierno Caravaggio.
La giovane donna ritratta con sfondi di tessuti arabeschi Post cyborg, 2009 di Virginia Panichi ci invia il post di un futuro che comprenderà l’oriente e l’occidente, con simbologie sacre quali il melograno e il pesce. Panichi riunisce etnie diverse con uno sguardo unico verso il futuro, la rete, la globalizzazione e il suo lavoro diviene una temporanea perdita d’identità per acquisirne una più ampia.
La pelle avrà la fragilità della pelle, 2011 di Ilaria Margutti è una composizione di sei pezzi, parti di corpo di donna su tela ricamati con semi. Vederle impressiona perché è come se l’ago del ricamo ricamasse sulla nostra pelle, c’è dolore, sangue, ferita. Il ricamo con i semi può “abbellire” ma non toglie la sofferenza, le cicatrici rimangono in profondità. La garza traspira e nello stesso tempo protegge le lesioni della pelle, le tracce che il destino ci lascia comprese le spine come in Cristo. La pelle che racchiude il corpo della donna è il magico confine, il simbolo arcaico del contatto con l’istinto e l’intuito, Margutti sta nella propria pelle e ci invita a farlo. Ancora tessuto con Federica Gonnelli che ha presentato con H-Abito, 2012 assemblaggio di organza trasparente stampata a transfert che ci porta all’interno della leggerezza, le quattro figure femminili in abito lungo e bianco sembrano fantasmi, un coro celestiale, o, ancora, angeli caduti dal cielo. Esse formano il quadrato, le quattro direzioni, i quattro elementi, la croce greca, gli evangelisti, H-Abito è abitare, stare e vivere la nostra esistenza nella sua totalità terrena e spirituale.
Di Andrea Marini le opere Gemmazioni, 2010 gemme bianche in vetroresina che come gemme vere si aprono verso il mondo e Ibridoteche 2009 teche in vetro che contengono piante in vari materiali, sono riproduzioni della natura conservate, piccole serre dove vivono surreali piante grasse composte di materiali metallici e sintetici. Questi alcuni artisti della mostra che è una panoramica sulla nostra vita che sempre più è Entropie.

Pubblicato su Cultura Commestibile del 23/02/2013




domenica 17 febbraio 2013

Fibre di un altro universo di Elisabetta Nencini


“Fibre di un altro universo” è la mostra fotografica di Elisabetta Nencini alla Sala Antiquarium Costantini - Museo Archeologico di Fiesole, fino al 17 febbraio 2013.
La fibra costituisce la parete cellulare delle piante ma in questa sala ci troviamo davanti a foto che ritraggono scarti di fili elettrici, di tubi di plastica, ferro, gomma o rame. Questo è ciò che rimane del risanamento e della ristrutturazione di locali, di case, sono resti buttati a ricordare quello che è stato e il cambiamento avvenuto. In alcune foto gli scarti sono composti di elementi grandi, riconoscibili, poi si fanno sempre più piccoli e filiformi da lontano potrebbero essere fili di lana, di cotone, grovigli di filo da dipanare per farci gomitoli oppure fili di un ordito che insieme alla trama intesserà il tessuto. Ci avviciniamo alle foto e l’illusione scompare: sono sottili fili di rame, il rame, puro e ridotto in fili per l’utilizzo dell'energia elettrica, sottili tubi di rame che trasportano acqua o gas. Il rame è un conduttore, è resistente alla corrosione, scambia calore, è batteriostatico, è facilmente lavorabile perché malleabile e duttile e si può combinare con altri metalli per le leghe. Inoltre tramite esso le nostre parole viaggiano nell’etere per comunicare, conducendo le nostre emozioni dall’interno all’esterno. Le fibre che ci presenta l'artista creano pareti cellulari della nostra realtà, scarti che contengono la nostra vita, i nostri ritmi quotidiani, fibre di collegamento tra il nostro essere e l’esterno. Attraverso queste fibre parte del nostro intimo si manifesta nel mondo, un altro universo si rivela e le foto ci parlano del riciclo che Nencini sapientemente fa donandoci la trasformazione celata ai nostri occhi dall’apparenza. Fasci di fili ricordano le reliquie, capelli veri o finti di parrucche colorate, o ancora stoppa che i nostri nonni usavano per togliere l’olio dal vino nei fiaschi ma poi la realtà: anch’essi sono fili, tubi, cavi elettrici. Guardando alcune foto si ha l’impressione che ci sia una terza dimensione, gli scarti vengono avanti, si staccano dal supporto fotografico. La materia stessa si trasforma, alcuni scarti sembrano vermi nati dalla decomposizione di corpi morti o ancora lombrichi che rendono la terra fertile, odorosa e di un marrone denso, bello, caldo e accogliente per una nuova vita. Elisabetta Nencini fotografa l’altra dimensione degli scarti urbani, un universo di avanzi impregnati della nostra vita umana con le nostre speranze di rinnovamento e con i fili trasmettitori di energie ed emozioni. Sono fibre esterne che conducono da noi agli altri, da un luogo a un altro; sono vene, nervi, meridiani interni al nostro corpo, conduttori di energie per vivere bene senza blocchi energetici. 

pubblicato su Cultura Commestibile del 9/2/2013

Trasparenze di Andrea Orani





Trasparenze di Andrea Orani sono “stracci” semplicemente panni per pulire che l’artista ha trasformato in altro. Trasparenze perché fanno intravedere la metamorfosi di un banale oggetto. Sono stracci, bagnati, strizzati, allargati, Orani tira ogni straccio, quasi fosse un impasto, il panno si strappa, si buca, forma anelli, se il “disegno” gli piace asciuga il panno steso su un tavolo e lo dipinge di nero poi lo fissa su una base di legno a sfondo monocromatico. Usa solo colori primari per le sue opere, rosso, bianco, blu, nero non ci sono vie di mezzo o combinazioni Blu, 2012 – Giallo, 2012 – Rosso, 2012. In galleria ci troviamo di fronte a colate laviche, dove la lava incandescente rossa e la lava raffreddata nera si sovrappongono e si mischiano per formare scie, croste, catrami Lava, 2012. Andrea Orani è architetto e illustratore, in queste opere esposte si percepisce la sua formazione artistica ma soprattutto la sua voglia e capacità di mettersi continuamente in discussione e di sperimentare l’uso di materiali poveri come gli stracci o il polistirolo. I suoi colori, i materiali che Andrea utilizza, lo spazio trovato di là dello straccio sono richiami e omaggi ad Alberto Burri, Joan Mirò e Lucio Fontana. Spesso la sua sperimentazione è dovuta “al caso” e attraverso queste opere comprendiamo l’apertura, l’entusiasmo e la curiosità che Andrea prova verso il quotidiano; si guarda intorno come se volesse captare ogni stimolo esterno, pronto ad accogliere in sé qualsiasi possibilità di esperienza e trasfigurazione, in questo stanno le sue Trasparenze.
La decontestualizzazione lo porta a usare materiali di uso quotidiano come materia pittorica, Orani manipola gli stracci, li legge come fossero fondi di caffè, ci trova un futuro, una connotazione, ci scorge una caratteristica al di fuori del loro uso comune. Gli stacci usati per pulire diventano trasparenze, crateri lunari, paesaggi e avvistamenti di altro attraverso la ferita inflitta, il buco diventa un cannocchiale per vedere il futuro, per andare oltre allo spazio creato. Le fibre dello straccio si allagano, si distendono, cambiano significato, diventano materia malleabile e incoerente lui stesso diventa straccio che si satura, si strizza e libera segni sulla superficie pittorica. Andrea Orani è Trasparenze, mostra che possiamo visitare alla Galleria Immaginaria di Firenze fino al 27 febbraio 2013.

pubblicato su Cultura Commestibile del 16/2/2013

lunedì 11 febbraio 2013

Heroines di George Woodman




Heroines” la mostra di George Woodman alla Galleria Alessandro Bagnai nel Palazzo Ricasoli di Firenze, è un gioco continuo fra dentro e fuori, di sovrapposizioni d’immagini e un insistente richiamo a opere classiche che ritraggono figure femminili. Le foto sovrapposte alle volte diventano parti del corpo della modella e la trasformano. Unendo la carne al marmo, l’antico al contemporaneo Woodman gioca con le linee e le morbidezze. Il suo passato di pittore si ritrova nelle foto con pennellate di colore o sgocciolature dell’acido, effetto del fissare al muro la carta fotografica per stampare alcune grandi foto. Woodman ritrova l'arte antica attraverso il corpo nudo della giovane donna ritratta affiancato a dipinti o sculture di epoche passate. La sua modella segue percorsi non convenzionali, in fuga dalla posa semplice e scontata incarna l’heroina moderna protettrice degli uomini e in modo particolare della loro essenza. Nella Principessa Cowboy Fiorentina – 2012 si fa presenza, appare tra le fughe prospettiche delle porte, passeggia nel suo palazzo, Principessa in palazzo – 2012, che è anche la galleria e nella galleria, In galleria, che è anche il suo palazzo. La giovane modella è la principessa e l’esserci delle modelle che l’hanno preceduta. Lei, che vive nel presente e nel passato, è principessa e modella, passa dalla porta come una dea, Principessa passa per la porta, e la nostra visione si fa incanto, essa diviene, altresì, esistenza di vissuti passati. La modella principessa esiste non perché vive nel tempo o in una storia esterna ma perché è l’essenza dell’esserci cioè esiste nelle dimensioni temporali del passato, presente e futuro. La sua figura spiega la comprensione dell’essere che si manifesta nel tempo oltrepassando spazi interni ed esterni come nel Il Fregio: museo dentro e museo fuori – 1998 che ci accoglie in una sala della galleria ricordandoci l’imponenza dell’architettura classica ma anche la sua umanità raffigurata dall’alternanza della modella a parti di sculture classiche.
La vista della Principessa and Scala ci evoca la Madonna della scala del giovane Michelangelo alla Casa Buonarroti. Nella bella Annunciation – 2005 il sacro e il profano si armonizzano con la consapevolezza che tutte le donne sono Madonne e nella loro vita possono vivere l’Annunciazione.
In queste sale è l’uomo George Woodman a esserci, a esistere nella sua dimensione temporale di pittore del passato e fotografo del presente che già ha in sé il futuro. In queste sale c’è il suo vissuto fra New York e la Toscana, all’Antella, nei pressi di Firenze, dove trascorre il periodo estivo. Per questo la mostra Heroines, visitabile fino al 16/2, è il continuo alternarsi e sovrapporsi di passato e presente, di dimora storica e galleria d’arte, di classico e contemporaneo con la percezione che esserci ha in sé l’essenza del tempo in tutte le sue declinazioni.






domenica 10 febbraio 2013

Gli alberi di Marcello Guasti


 "Oh, come desidero ardentemente crescere / Guardo fuori / E l'albero dentro di me cresce”.
(Rainer Maria Rilke)



Vicino alle mura medievali di Figline Valdarno, è collocato “Albero dell’universo – 2011” di Marcello Guasti composto di ventitré elementi di bronzo patinato che rappresentano le fronde e il tronco; fra il fogliame i nomi dei 206 figlinesi caduti nella Prima Guerra, ma in senso universale l'opera ricorda i morti di tutte le guerre come partecipi delle costellazioni di una grande galassia. Albero dell’Universo è un mosaico, un puzzle attraversato da una spirale bianca con i nomi dei morti, le anime in questa galassia si muovono a spirale per purificarsi, alleggerirsi e tornare al cosmo. L’albero collega la terra al cielo, la sua chioma si muove al vento e fa si che le anime dei morti siano intorno a noi. Nell’albero ritroviamo i quattro elementi: le radici affondano nella terra, l'aria muove le foglie, la linfa è acqua vitale, il fuoco perché il legno brucia. L’Albero dell’universo è dedicato ai morti ma è a noi vivi facilita l'incontro con le anime, tramite l'albero possiamo sentirne la sofferenza, la bellezza, la libertà e la loro leggerezza; le frasche dell’Albero dell’universo sono la loro dimora, bianche esse vivono nel silenzio della natura. L’albero di Guasti ci porta dal basso all’alto, dalla materia allo spirito, dal corpo all’anima, dall’umano al divino diventando il collegamento tra la vita e la morte attraverso la spirale della galassia. Per contrasto, il ricordo de L’Albero della Fecondità, affresco medievale del 1265, che si trova sulla grande parete delle Fonti dell’Abbondanza a Massa Marittima, raffigura un albero da cui pendono, come enormi frutti, decine di falli, ai piedi della pianta una folla di donne che attende la caduta dei falli maturi. Qui il passaggio inverso dall’alto alla terra, dal divino all’umano, il divino si fa umano attraverso il fallo che feconda la terra/madre/donna.
A Ventena, “Il Vento e il suo Cipresso - 2011” opera in bronzo creata da Marcello Guasti per amici, vicino a piante di ulivo una falce, uno spicchio di luna, un cipresso che si piega e accoglie il vento del luogo. Ancora un albero, il cipresso, ritenuto sacro, legato al culto dei morti e al dolore del lutto, simbolo di vita eterna, il suo legno è ritenuto uno dei quattro legni, con la palma, cedro e ulivo, con cui fu costruita la croce di Gesù. Il vento che spira sul cipresso è soffio di vita, simbolo dello spirito santo nella sua manifestazione, respiro. In quest’opera di Guasti la vita e la morte sono ancora insieme e non si possono scindere, yin e yang, opposti e complementari, l’uno non può esistere senza l’altro, l’uno si trasforma nell’altro e viceversa perché solo così possono esserci la vita e il suo continuo mutamento.

Pubblicato su Cultura Commestibile il 19/01/2013