sabato 30 marzo 2013

Dessì - Deval- Nunzio







La Galleria Alessandro Bagnai di Firenze ci offre fino al 20 aprile 2013 la possibilità di ri-vedere tre grandi artisti e le loro opere in rapporto alla forma, spazio e contenuto. In mostra Gianni Dessì, Rolando Deval e Nunzio in tre personali che si susseguono all’interno dello spazio espositivo dando una continuità al visitatore che si lascia coinvolgere dalla luce di Dessì, dalla materia di Deval e in ultimo dalla muta sonorità dell’opera di Nunzio. Tre per te (2008) è il titolo delle tre grandi resine di Gianni Dessì, belle opere di grande impatto sensoriale nella loro densità e immensità.
Sulla stratificazione di ognuna emerge un colore primario blu, nero, rosso richiamato poi dalla cornice dipinta intorno all’opera. Una piccola camerae pictae dove il colore racchiuso nell’opera si estende all’esterno in un dialogo e in una sorta di con-fusione con la parete della galleria. Dessì definisce le sue opere come "luogo del vedere nel quale un colore conquista il proprio spazio al di là del supporto che l’accoglie" e, infatti, il colore si muove dall’interno delle resine per conquistare lo spazio, si afferma nel luogo creando un dialogo aperto con il visitatore. Di Rolando Deval le sette opere dal titolo In concreto (1990) sette opere in cera su tavola, vicino alle opere sentiamo l’odore inconfondibile della cera d’api, la colata è di un colore rosso cupo. All’interno di alcune tavole si possono intravedere figure, mentre al centro di ognuna una colonna scanalata, verticale, una sorta di spina dorsale della pittura, del quadro, dell’arte, di noi stessi. Di fronte a queste opere captiamo i vertebrati e i fossili perché il suo lavoro è ispirato dai processi naturali e sulla riflessione tra uomo e natura: "Il lavoro che considero riuscito è quello davanti al quale, una volta finito, posso pensare che si è fatto da solo. A volte si tratta semplicemente di un segno provocato da una corrente o da un flusso, un segno creato dalla naturale erosione degli elementi” afferma Deval. Infine Eco (1987) il grande piombo di Nunzio dove l’eco si fa forma e diventa arte, la modulazione della superficie di quest’opera risuona nella galleria e in noi dandoci equilibrio e armonia. Il piombo è un metallo tenero, denso, duttile e malleabile ma anche pesante e velenoso, Nunzio col suo lavoro ci rimanda l’eco del piombo unito al suo bel colore grigio blu. Nunzio ha la capacità e il potere di lavorare la materia trasfigurandola in suono creando Eco ossia una cassa armonica per la bellezza.
Pubblicato su Cultura Commestibile  

La malaeducaciòn


Biagiotti Progetto Arte presenta fino al 13 aprile 2013 La mala educaciòn un progetto di Pietro Gaglianò che coinvolge quattro giovani artisti nati negli anni ottanta. Le opere sono state realizzate per questa mostra e diventano un percorso di resistenza verso una mala educaciòn impartita dalla cultura del consumismo e dal conformismo. In Galleria possiamo vedere i lavori di Gaetano Cunsolo Silvia Giambronenero/Alessandro Neretti Sergio Racanati.

The richest part of me is you, 2013 di nero/Alessandro Neretti ci porta in quell'America sognata e desiderata; fra eventi pubblici e privati si mischiano finte ciambelle colorate americane - donuts – morbidi e golosi dolcetti fritti coperti da coloratissime glasse. L’artista ci fa riflettere sull’America spesso sognata e auspicata morbida e golosa, coloratissima e decorata con perline, un’America introiettata anche nel suo consumismo. Silvia Giambrone è Sotto tiro, 2013 perché continuamente siamo sotto tiro della pubblicità, della politica, delle opinioni di massa, della moda e di tanto altro. Sotto tiro, esposti, come lei nel video, lei è il bersaglio. Il piccolo punto di luce vaga sulle sue spalle nude, sul suo decolté, sul suo viso che assume varie espressioni inizialmente giocose, Silvia cerca di prendere la piccola luce che potrebbe essere una farfalla o una coccinella. Essa si diverte, è contenta di questa presenza, compiaciuta di essere Sotto tiro ma poi qualcosa cambia non è più serena, diventa annoiata, e poi disgustata, infastidita e infine quasi molestata. Guardando il bel video ci identifichiamo con lei e insieme gioiamo a inseguire quella piccola luce/farfalla poi soffriamo con lei quando diventa, Sotto tiro e da catturare, lei diventa farfalla da prendere: l'obiettivo di un immaginario tiratore. 

Per Gaetano Cunsolo tutto ha inizio con una frase “ Una volta un tizio mi ha detto che si vedeva chi della mia generazione non aveva fatto il militare... ” Senza titolo, 2013 poi Cunsolo con l'opera Fiabe disobbedienti, 2013 ci porta dentro il potere, fra i militari. I suoi disegni sono ironici gioca con i tre colori della bandiera italiana, sono rocchetti di filo che si srotolano diventando potenziali aquiloni, gioca con la divisa mimetica e i suoi colori, gioca con i carri armati e con i soldati. In questo lavoro c’è la disciplina militare, l'esercito, il richiamo alle guerre e alle invasioni ma l'artista ci fa anche scorgere la possibilità di una disobbedienza creativa, dove c'è un impegno a costruire e non solo a distruggere, dove la flessibilità e il non indossare la divisa diventa impegno sociale e l'arte è una forma di disobbedienza, è una Fiaba disobbediente. 
 
Infine Sergio Racanati con la sua performance Democracy is Hipocrisy all'apertura della mostra oltre a Work in progress archive - political and underground movement, dal 2000 e Luxury, 2010-2013. Il suo lavoro è volto a costruire un archivio della memoria individuale e collettiva con una riflessione per la storia sociale dell'uomo riguardo al suo ambiente urbano, politico e architettonico.
 

domenica 24 marzo 2013

ArteDonna

 
ArteDonna” si è inaugurata l’8 marzo 2013 alla Galleria 360 di Firenze, la mostra è uno spaccato tutto al femminile sull’arte contemporanea. Cinque artiste hanno “invaso” la galleria con tecniche e lavori diversi ma che dialogano fra loro spaziando nell’universo femminile ma anche nelle culture differenti chiamate a raccolta in questa esposizione. Donne artiste che portano nelle sale della galleria la loro passione per l’arte attraverso il filtro delle loro culture eterogenee. I piccoli quadri di Miruna Almasan hanno ricami in uncinetto, un ricordo della nonna che unisce il passato al presente. Le memorie personali infantili e le fantasie dell’artista si fondono e prendono forma diventando fantasiosi animali e paesaggi, l’infanzia dell’artista è portata nell’età adulta attraverso l’arte. Le donne nelle tele di Karin Galler sono ritratte nella loro dissolvenza ma le loro forme sono concrete e rotondeggianti, dense le pennellate arricchite da contorni scuri dalle linee larghe ma non nette. Le sue pitture sono gradazioni e sovrapposizioni trasparenti di colore con l’impressione dell’imprendibile ma nello stesso tempo concrete, le pennellate sono diluite ma corpose. L’artista è come se ritraesse le mille sfaccettature dell’essere donna sfuggente e sensibile ma anche presente e impegnata. L’artista messicana Lucy Cruz dipinge donne maschere dove il riflesso e l’immagine giocano un ruolo molto importante, nelle sue tele colore e calore del suo paese. Ana Calderòn ci ammalia con la tela Blu Prince, un dipinto che ricorda le figure di Marc Chagall, fiabe con il principe azzurro che tutte noi aspettano per poi renderci conto che il principe azzurro è dentro di noi ed è quell’uomo interiore che ci ama e ci accompagna nella nostra creatività. Belle le sgocciolature sulla tela che rendono le figure diluite, quasi sfocate in un sogno che si fa poesia mischiandosi alla realtà. Maiana Acuna Jimènez infine ci porta tra le sue montagne a incontrare la natura incontaminata, nei suoi quadri cera colata e scarabocchi di bimbi per dirci e ricordarci che nella vita è importante mantenere il contatto con il nostro bimbo interiore e con la nostra vera natura e cioè con la nostra spontaneità. Spesso le sue tele ricordano i disegni delle grotte rupestri, possibili ricordi atavici che portiamo dentro di noi e che emergono attraverso la creatività.  ArteDonna è visitabile fino al 27 marzo 2013 alla Galleria 360 di Firenze.


domenica 17 marzo 2013

In Bloom di Zhuang Hong Yi




In Bloom, la bellissima mostra di Zhuang Hong Yi, era visitabile all’ARIA Art Gallery di Firenze lo scorso anno: le tele esplodevano di colore ma anche di rabbia e desiderio, di fronte ad esse un turbinio di emozioni forti ci assaliva, l’impatto emotivo era quasi insopportabile.

I quadri di Zhuang sono scultorei, stratificati come lo è la vita. L’artista Zhuang Hong Yi, cinese di nascita dal 1992 vive e lavora tra Cina e Olanda, la sua arte è una sintesi tra cultura orientale e occidentale. Le sue opere sono sovrapposizioni di fiori di loto ritagliati su carta di riso, dipinti con colore acrilico e oli resi, poi, duri con un gel. Col suo lavoro Zhuang Hong Yi compie il passaggio dalla delicatezza, leggerezza e raffinatezza dei fiori in carta di riso alla conservazione come se importante fosse fermare e imbalsamare i fiori nel massimo splendore della loro fioritura e del colore. Ciò che in natura appassisce e muore è reso “eterno”, bloccato per sempre in una posizione rigida come rigida è la morte; la delicatezza e la fragilità della carta di riso diventano spessore, la vita acquisisce profondità perché si è unita alla morte. Zhuang Hong Yi rende i fiori immortali al culmine del loro sviluppo, non moriranno mai per ricordarci che qui la vita incontra la morte, l’umano incontra il divino e il mortale l’immortale, l’uomo Zhuang Hong Yi incontra Dio. Queste tele sono conturbanti perché attraverso di esse viviamo l’abbraccio della vita con la morte e il divino nell’umano.

Dentro In Bloom gli odori estivi di giardini e angoli fioriti di città sconosciute arrivano a folate, i fiori sono macchie di colore vicino al mare, il riverbero del sole nei canali di Amsterdam si fa spazio nella nostra mente per percorrere il tripudio della fioritura olandese dai colori tersi e brillanti. Queste opere hanno la sacralità del fiore di loto che, misterioso, affonda le sue radici nel fango per elevarsi dall’acqua a simbolo del nostro processo evolutivo. In tutta questa luminosità, tuttavia, il ricordo della morte è forte, gli occhi vedono anche fiori ammassati su una tomba e il naso avverte l’odore della loro putrefazione. Nel rigoglio della materia, nel colore che prorompe c’è dolore e disfacimento, c’è la morte dentro la vita, la morte combacia perfettamente con la vita e ne fa parte, non esiste l’una senza l’altra e si esaltano a vicenda. L’artista con le sue opere lo fa afferrare molto chiaramente, il suo oriente s’incontra e scontra con il nostro occidente, dove la morte e la vita sono separate, dove la sofferenza e il dolore sono tenuti nascosti, dove l’apparenza deve essere felicità.
www.zhuanghongyi.nl



















Oeuvre au vert di Giovanni De Gara





L'Oeuvre au vert di Giovanni De Gara alla Galleria La Corte è il paradiso, in lingua persiana giardino perché queste tele richiamano il verde e le decorazioni dell’Islam. Le opere di De Gara sono aiuole composte a formare giardini che ricordano anche il Giappone, i ricami sul kimono, i dipinti sui paraventi, le stampe, la leggerezza della carta di riso, gli ombrellini parasole. Giovanni lavora col verde, unione di blu e giallo, dipinge la speranza, la natura, l'autoaffermazione, ma anche la rabbia, l'invidia, la mancanza. I precedenti campi da calcio da lui pitturati sono stati nascosti da fiori ed erba annunciatori di primavera e rinascita, una dichiarazione di serenità con l’approdo a un bel giardino, dove tutto diventa facile persino bello, dove la vita scorre e noi ci lasciamo trasportare, dove tutto è fluido e segue un suo percorso, dove la vita stessa è danza. La Primavera di Botticelli, trionfo della natura e della bellezza, affiora. La natura è in galleria, respiriamo il profumo e la freschezza primaverile, sentiamo la voglia di rinascere e ricominciare, verdi, in erba, giovani anche se non lo siamo più. Il verde è respiro e noi lo inspiriamo a pieni polmoni, l'aria verde entra e ci allarga ci rende capienti e disponibili a essere diversi, più leggeri, più spontanei com’è la natura. Il nostro verde risvegliato si allarga e invade territori che poco prima erano “contaminati” rendendoli di nuovo vergini, restituendoli alla natura e alla vita, il verde li purifica per una nuova nascita. Come fosse un ciclo delle messi, c’è stata l’aratura, la semina e ora nascono i primi teneri germogli, De Gara ci porta dentro la ciclicità delle stagioni, dentro la sua primavera e di conseguenza nella nostra. Nella sua pittura la complessità della vita, del mondo, l'oriente e l'occidente, egli ci insemina facendoci riflettere sugli UFO che ci mandano messaggi con i cerchi di grano ai quali noi rispondiamo con i nostri cerchi dei campi da calcio perché la terra vista dallo spazio è dominata da campi da calcio. Che cosa diciamo con i nostri cerchi agli UFO? Essi cosa capiscono? Che dialogo ci può essere fra cerchi di diversa natura? In alcuni suoi quadri l'occidente si estingue e le geishe appaiono come bellissimi fiori di papavero in mezzo a bidoni BP per cercare quello che oramai non c'è più, gioco di parole tra il papa nero che segnerà la fine del mondo e BP società britannica del petrolio ma anche Back Pope. De Gara ci invita a cercare e trovare il nostro paradiso/giardino interiore e viverlo indipendentemente da ciò che accade nella realtà perché ciò ci porta a fluire con la vita, a divenire di volta in volta, ci porta verso la pace interiore che spesso cerchiamo all’esterno anche attraverso il consumismo. L'Oeuvre au vert di Giovanni De Gara ci porta un appagamento profondo senza il continuo bisogno di riempire un vuoto, ci porta verso la pienezza della nostra vita e all’abbandono delle sovrastrutture per la nostra vera natura.
  
Pubblicato su Cultura Commestibile del 16/03/2013


sabato 9 marzo 2013

Annuario degli artisti di Fiesole








Lo scorso 2 marzo a Fiesole nella Sala del Basolato del Municipo è stato presentato il catalogo “Annuario degli Artisti di Fiesole 2013” (ed. Masso delle Fate) curato dalla critica e storica dell’arte Daniela Pronestì; in parallelo l’inaugurazione della mostra che ha raccolto parte delle opere presenti nel volume. Il catalogo è fra i venti libri che compongono la collana “Artisti in Toscana” pubblicata dall’associazione Toscana Cultura.  La Sala del Basolato è diventata il colle di Fiesole da dove vedere una panoramica sul territorio mettendo a fuoco le diverse forme artistiche che vanno dalla pittura alla scultura, dalla fotografia alle creazioni di moda. Fino al 5/3 abbiamo potuto vedere le opere dell’artista eclettica Diana Baylon, i lavori degli scultori Riccardo Nannini, Matteo Piccardi e Lorenzo Orzalesi e il nostro sguardo si è soffermato con stupore e ironia sul bronzo L’uomo incinto di Enzo Butera. Nella sala tele di Leopoldo Paciscopi, Giuliana Fresco, Paolo Della Bella, Raffaello Bueno, Franco Bulletti e le Mappe di Aldo Frangioni. Fotografie di Virgilio Bardossi, Massimo A. Castellani, Carlo Midollini, Francesco Perna. I lavori, con forme e colori shocking, dell’emergente giovane artista Donato Landi/Aikuboy ci hanno attratto, Donato lavora con il riciclo, piccoli pezzi di giocattoli rotti in plastica e piccoli scarti di manufatti che mette insieme creando ancora giocattoli ma con una nuova esistenza. I rifiuti si sono trasformati in opere uniche che collegano il passato, il presente e il futuro dandoci non solo possibilità ma anche la speranza che dalla spazzatura e dal nostro consumismo nasca altro.
 Pubblicato su Cultura Commestibile il 09/03/2013