Il rosso, la materia, gli oggetti dentro il quadro, le statuette di Maria Lionza, il pane di mais venezuelano, le perline colorate, le biglie di vetro, i sigari. Tanto colore rosso, simboli, parole confuse, sconosciute, non dette, quasi senza senso. Lo sciamanesimo, le preghiere, il miscuglio tra cristianesimo, paganesimo e riti di magia bianca. Dove sono la bellezza, l’armonia e l’estetica? I quadri di Gustavo José Maestre Yanse ci scuotono, vogliono essere toccati e posseduti, le tele sono dipinte senza filtro della ragione, sono cuori, sono pance, sono anime, i colori accesi e squillanti gridano nell’essere buttati sulla tela con gesto libero e in apparenza caoticamente. La paura e la diffidenza si risvegliano a vedere queste opere mentre la ribellione, la libertà, lo spazio e il viaggio si destano e ci incitano ad avere relazioni libere e spontanee. C’è ansia di “scoprire” qualcosa che per troppo tempo è stato celato, fatto morire perché in-accettabile, qualcosa di molto “pericoloso” perché fuori dagli schemi, fuori dai luoghi comuni e dai sentieri battuti, le tele arrivano dirette a quella parte di noi dove tutto è possibile. La cultura latina americana di Maestre è prepotente e ci obbliga all’incontro col diverso, qui sentiamo l’unicità dell’essere umano, la nostalgia, il continuo oscillare tra partire e ritornare alla terra madre, alle nostre radici, alla nostra primitività. Ci guida verso il nomadismo innato che ci fa viaggiare per il mondo e dentro noi stessi per ri-trovarci, siamo di fronte alla nostra nudità perché ci svestiamo di tutti i pregiudizi per essere in contatto con la nostra vera natura caotica ed estrema. Quest’arte ci invita al caos, tante cose insieme, mischiate, confuse, paure e ombre, è una pittura che colpisce il centro del nostro corpo ferendoci, sono stilettate di dolcezza e malinconia miste alla voglia di fuggire dagli schemi per vivere i colori e le grandi dimensioni. L’artista si lascia toccare, ci dona la sua vita con i colori fatti carne, ci trascina nella potenza dell’amore attraverso il dolore e il pianto ma la repulsione è incontrollata e di nuovo cerchiamo di coprire il caos. Dentro le sue opere c’è la natura che sana e guarisce, la terra-madre, la potenza del femminile accogliente e distruttivo. Le tele sono amplessi di materia e spirito, potenza creativa che dirompe, natura incontaminata e caotica eppure ordinata, grido, rabbia, odio, calore, sono una ninna nanna, una carezza lontana e la sua mancanza. Abbiamo l’occasione di arrivare al dis-ordine interiore che parla a ruota libera, Maestre ci spinge a vivere una vita libera, la nostra vera vita, per un attimo ci fa sentire vivi e senza controllo per questo la sua pittura può diventare ansia, paura, distanza. Esso richiama con l’arte la potenza della vita e della morte e le proprie origini, apre uno squarcio su un interiore dirompente e istintivo. Solo soffermandoci e accogliendo ciò scopriamo l’amore e la gratitudine, il dolore dell’abbandono ci apre alla relazione con l’altro dentro di noi, fino all’abbraccio interiore espressione totale della nostra individualità.
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