La Galleria Bagnai di Firenze accoglie, fino al 23giugno
2012, “La poesia della distruzione” dell'artista tedesco Gunther Uecker.
Lo spazio è un non spazio, bianco, accecante, i lavori nuovi, bianchi, riflettono
la luce che colpisce i nostri occhi e il nostro cuore. Gunther Uecker dal 1957
dipinge usando quasi esclusivamente il bianco e il nero, solo alcuni dipinti
più recenti hanno colori intensi, spesso sulla tela ci sono segni calligrafici.
Il bianco è simbolo di purezza, innocenza, semplicità, è legato al sacro,
ci indica un passaggio, un cambiamento o un inizio, ponte tra la materia e
spirito, tra il mondo dei vivi e quello dei morti. E’ il bianco del foglio o
della tela con la paura e la voglia di imbrattare, di cominciare o ricominciare
perché il bianco è anche morte, lutto e distruzione di tutto, l’azzeramento
totale per ripartire da zero proprio come il Gruppo Zero attivo negli anni ‘60
e di cui Uecker è stato tra i fondatori. Ci entusiasma la grande e bellissima tela
Weiss-Weiss 1972-2002, con campiture di colore bianco e
beige stese su una base che presenta segni calligrafici e coaguli di tessuto
intrisi di bianco, la scultura Lohengrin
– 1978 rende omaggio all’omonima opera di Richard Wagner. Verletzungen-Verbindungen
– 2012, belli e inquietanti, sono assemblaggi di assi di legno, tela bianca e
chiodi; simili a croci, creano una via crucis che ci invita a fermarci
davanti ad ogni opera/stazione. Questi legni hanno subito delle ferite
provocate da chiodi conficcati nel legno/carne, i chiodi formano grumi di ferro/sangue, nodi duri, cicatrici
nel legno morbido, odoroso, integro. Il legno appena tagliato, aromatico,
resinoso è oltraggiato e ferito dai chiodi come quelli piantati nei palmi di
Cristo, le ferite inflitte dolorano, la carne e la materia sanguinano, siamo
davanti a “crocifissioni”. Di fronte a queste opere dense e disperate ci identifichiamo,
riconosciamo la sofferenza, la sfida e la passionalità e pure, nel bianco, la
fiducia di poter rinascere; la passione e resurrezione di Cristo diventa la
nostra, il dolore trasformato in arte. I chiodi alle volte ci tengono fermi, ci
fanno pensare, esaminare le situazioni della nostra vita, altre ci feriscono
profondamente, le ferite sanguinano e non guariscono o cicatrizzano malamente. I chiodi sprofondati
nel legno sono forti e decisi, il gesto di Uecker chino a inchiodare è
seducente; la sua arte è autodistruzione, ma serba la speranza di poter curare
le ferite che ci inferiamo ripetutamente in questo mondo. I lunghi e bei
chiodi di ferro e il legno rimandano alla terra, ai contadini, ai fabbri, ai
maniscalchi, alla natura, ai boschi: un ritorno al luogo delle origini alla terra
natia poiché le mani dell’artista si uniscono all’opera creando Verletzungen-Verbindungen Ferite-Collegamenti
come le mani ferite di Cristo si collegarono al legno della Croce.
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