mercoledì 2 aprile 2014

Gentili contraddizioni di Giovanni Galizia



Gentili contraddizioni è la mostra di Giovanni Galizia ad Arch-tè, giovane scultore di origini siciliane ha portato in questo piccolo spazio della facoltà di architettura di Firenze la contraddizione artistica. Il suo barocco siciliano s’incontra e contraddice gentilmente lo spazio architettonico fiorentino dalle linee semplici e dominato dal quadrato. Questo piccolo luogo dipinto diventa memoria dell'infanzia di Galizia, la casa di sua nonna, un palazzo del 700 affrescato nel quale guardare da una piccola stanza dalle pareti inclinate percorsa da una piccola lumaca di bronzo. L'interno di Arch-tè diventa inaccessibile a noi visitatori come impenetrabile è la mente di ogni uomo, si fa luogo di ricordi, d’interiorità, di sensazioni antiche, di ombre. Alla mente gli interni bui dei palazzi siciliani spazi di riparo da un esterno carico di luce bianca e accecante. In Gentili contraddizioni l'interno dialoga con l'esterno, ogni visitatore della mostra accoglie il suo interiore attraverso l’artista. Lo spazio artistico contiene artigli che sembrano radici di bronzo attaccate a un ramo d'albero anch'esso di bronzo, può sembrare il bastone di un viandante, di un pellegrino, accenna al vagabondaggio nella sua assidua ricerca. Galizia parla di se stesso come lumaca che porta appresso la sua casa, il guscio, con la valigia in mano per un continuo viaggio alla ricerca, dentro il bagaglio le sue memorie e le sue origini. Il ricordo della prima volta a Firenze per studiare all'Accademia di Belle Arti la biblioteca qui vicino il primo luogo che ha visitato con un amico. Il processo mentale è sulla soglia tra il dentro e il fuori, forse in contraddizione, attraverso l’apertura un soffio di aria fresca e musica. La visuale è limitata è come dal buco della serratura, percepiamo più che vedere, ascoltiamo, c’è proibito entrare, non possiamo camminarci dentro rimaniamo allora sulla soglia a immaginare storie e vite all'interno della stanza luogo d'arte. Non possiamo violare fisicamente questo spazio artistico, l'artista lo proibisce, è un suo luogo sacro che possiamo vedere solo in parte e sentire allora questo spazio diventa puro, perché inviolato da noi profani, diventa un luogo sacro, incontaminato e immacolato perché nessun visitatore può violarlo e portarci il proprio corpo e il proprio vissuto, noi rimaniamo fuori, fuori dal luogo di creazione, fuori col nostro vissuto che dialoga attraverso una finestra con quello che rimane il luogo interiore dell'artista inviolabile, a noi solo la possibilità di “spiare”.

 www.giovannigalizia.com

Pubblicato su Cultura Commestibile


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