Sic
dulce est è la mostra di Giovanni Gaggia per
Archi-tè Incontri Trasversali, tre cuori per anni sospesi nel tempo
hanno trovato il loro destino e nuova vita in Unus
papilio erat, mummificati e restituiti a noi
per ricordarci che il dolore, le separazioni e la morte sono sempre
esistiti, che fanno parte della vita, che la morte separa ma anche
riunisce ciò che è allontanato, ricuce legami e paradossalmente ci
restituisce alla vita. In questo luogo, raccolto come una cappella,
si evoca la sacralità della vita, dei legami affettivi, della
trasformazione da crisalide in farfalla e poi ancora in bozzolo. In
lingua egiziana mummia, sch, vuol dire anche dignità e nobiltà e
nell'imbalsamazione l'unico organo non rimosso era il cuore
perché sede dell'anima, Gaggia restituisce dignità e nobiltà
all'anima, la sola che può restituire sentimenti e amore. Il video
Ali squamose, 2009 è
la performance dell’artista, dove tre cuori di maiale sono aperti a
metà da tre uomini a indicare che ciascuno ha il cuore dolorante, a
turno aprono il proprio cuore che diventa farfalla con ali vischiose
e sanguinolente, i cuori sono asciugati dal sangue che è raccolto.
Ogni uomo dona il suo cuore a una donna che dondolandosi e cantando
la canzone “Ma che freddo fa” di Nada ricuce i cuori con filo
d'oro, d'argento e nero; il maschile “chiede” al femminile la
riparazione del proprio cuore. La donna cuce, ricama, fa suture,
rammenda le ferite, ricuce le sofferenze e i legami affettivi, le
divisioni. Essa potrebbe essere una vecchia o una giovane madre o
ancora tutte le figure femminili che vogliamo, lei incarna il
femminile che può lenire e curare i dolori della vita. Ricuce gli
abbandoni, le separazioni, i lutti come dire che solo il femminile
può aiutare a ricomporre l'unità divisa trasformandola in altro
riunendo ciò che il dolore, la sofferenza ha ferito, tagliato,
strizzato e prosciugato. I nostri cuori possono essere inariditi,
senza che il sangue vivo e denso scorra e allora solo l'amore e il
canto dolce e frammentato possono ricreare legami mancanti. Gaggia
dopo la performance ha messo i cuori nel congelatore, li ha resi
marmo, duri, freddi sospesi e in attesa fino a dare loro, oggi, la
giusta sistemazione con sensibilità e pudore. La morte separa ma
anche unisce e ricuce, mani creative suturano le ferite del cuore
farfalla anima. Suoi fogli di cotone bianchi dove i cuori hanno
lasciato le loro impronte Gaggia ha disegnato oggetti appartenuti ai
passeggeri del DC-9 precipitato a Ustica nel 1980, con queste opere
l’anello si chiude e il suo lavoro è diventato un percorso dalla
morte alla vita attraverso il sangue. La mostra sarà visibile fino
al 12 luglio al Palazzo San Clemente Archispazio Biblioteca di
Scienze Tecnologiche Architettura Via Micheli 2 a Firenze.
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