La mostra Naturalia/Mirabilia
di Roberto Pupi è entrare in un bosco in tutte le stagioni, le foglie cadute
rotolano sul pavimento della Galleria La Corte di Firenze, nella notte piccole
calotte di cielo ruzzolano dalle scale sopra il bosco e, gli alberi si
scompongono. Le chiome delle piante, guardandole da sotto in su, diventano
brandelli, tra di essi s’intravedono il cielo azzurro, la pioggia, le nubi o il
cielo notturno puntellato di stelle. All’entrata della galleria un albero scomposto
fatto da un collage di foto ci fa pensare al tempo che passa con rami spogli,
fronde primaverili piene di foglie tenere e fiori, tralci carichi di frutti o neve
d’inverno che ricopre tutto per intuire solo
la corteccia sotto. Gli alberi sono pezzi della nostra vita o meglio la nostra
vita è fatta di energie creative che vanno verso l’albero della vita. Roberto
Pupi porta in questa mostra parti di foreste che sono scomposizioni e
ricomposizioni in un crescente girotondo terrestre, dove la natura si con-fonde
con l'immagine fotografica, le foglie degli alberi a terra hanno le sembianze
di dadi/cubi che paiono “gettati a caso” nella galleria come a caso cascano le
foglie in autunno. Anche noi siamo stati “gettati a caso” sulla terra per avere
poi tutta una vita per ri-conoscere il nostro albero di appartenenza perché si
può cadere anche lontano dal nostro albero d’origine e allora la nostra vita diventa
una continua ricerca della nostra vera natura. Il cammino verso il nostro
albero della vita è unico e inconfondibile e non possiamo cambiarlo, ci
arriveremo anche tramite vie tortuose a noi solo la scelta della via da
percorrere più o meno veloce, più o meno diretta, più o meno cosciente alle
volte con giri e rigiri proprio come il vortice delle foglie mosse dal vento. Ognuno
di noi è un piccolo cubo/foglia, ha in se la forza, la stabilità e la
leggerezza per cercare e andare lontano in un viaggio di conoscenza e
individualizzazione per ri-trovare la sua vera essenza. L’artista Roberto Pupi
ha fatto della fotografia il suo strumento di ricerca e di conoscenza artistica
e personale, attraverso le sue opere ci offre la possibilità di stupirci e
meravigliarci ancora di fronte alla natura anche se ri-prodotta dall’artista
che diviene lui stesso emanante di forza creativa e ci esorta a incamminarci
verso il nostro personale albero della vita.
sabato 19 aprile 2014
lunedì 7 aprile 2014
Contemporanea Kore di Patrizia Zingaretti
Erano i capei d’oro a l’aura sparsi
che ‘n mille dolci nodi gli avvolgea,
e ‘l vago lume oltre misura ardea
di quei begli occhi...
che ‘n mille dolci nodi gli avvolgea,
e ‘l vago lume oltre misura ardea
di quei begli occhi...
Francesco Petrarca
Contemporanea Kore è la mostra di Patrizia Zingaretti al Palazzo Gaddi in Via del Giglio
a Firenze fino al 30 aprile 2014. Nei suoi quadri teste femminili viste da
dietro, le chiome sono intrecciate in acconciature elaborate perché i capelli di
queste donne sono sempre lunghi fermati e raccolti da preziosi fermagli. In
queste tele l’artista richiama la figura greca Kore, la fanciulla senza tempo,
l’anima, che cammina con un braccio lungo il corpo e l’altro teso alle volte
con una melagrana in mano per donare grazia, femminilità, fecondità, bellezza e
armonia. Antiche teste di dame rinascimentali sono invitate in queste sale, hanno
pettinature dove niente è lasciato al caso e alla naturalezza della loro capigliatura.
Queste teste che ci voltano le spalle ci invitano a seguirle in un percorso di
grazia e morbidezza. Patrizia Zingaretti dipingendo le segue con grande
sensibilità, la sua pittura diventa senza tempo e dettagliata, l’artista si
prende tutto il tempo che necessita per seguire la sua Kore. Zingaretti
diventa lei stessa Kore in una sorta d’identificazione, è lei che cammina verso
di noi e ci dona il bello. La sua pittura è sintesi tra passato e contemporaneo,
in essa percepiamo il legame artistico con la sua terra d’origine, l’Umbria. A noi visitatori è data la possibilità
di penetrare le sue chiome dipinte e ci perdiamo, seguiamo le sfumature, le
linee di ogni capello fino a scoprire che le chiome possono essere altro, una
spirale, una chiocciola, una strada. La retina di perle per capelli diventa una
mappa celeste e le perle segnali, punti luminosi di orientamento o ancora cielo
stellato. Solo una tela ritrae alcune
donne con teste non costrette da acconciature, i capelli lasciati liberi e
svolazzanti nell’aria Vento. Il
quadro accenna a lasciare che la vita ci spettini, che essa ci lasci i capelli
scarmigliati dal vento, in piena libertà senza costrizioni di acconciature per
essere sempre e comunque identificabili e a
posto. Alcune volte l’armonia e il bello sono nel trovare e nell’essere la
nostra acconciatura individuale senza conformarsi all’estetica sociale. Perché
i capelli come gli individui compiono il loro ciclo di nascita, vita e morte:
sono la ciclicità dell’essere e della natura e le nostre chiome parlano di noi
e della nostra singolarità.
Pubblicato su Cultura Commestibile
mercoledì 2 aprile 2014
Gentili contraddizioni di Giovanni Galizia
Gentili contraddizioni è la mostra di Giovanni Galizia ad Arch-tè, giovane scultore
di origini siciliane ha portato in questo piccolo spazio della facoltà di
architettura di Firenze la contraddizione artistica. Il suo barocco siciliano s’incontra
e contraddice gentilmente lo spazio architettonico fiorentino dalle linee
semplici e dominato dal quadrato. Questo piccolo luogo dipinto diventa memoria
dell'infanzia di Galizia, la casa di sua nonna, un palazzo del 700 affrescato
nel quale guardare da una piccola stanza dalle pareti inclinate percorsa da una
piccola lumaca di bronzo. L'interno di Arch-tè diventa inaccessibile a noi
visitatori come impenetrabile è la mente di ogni uomo, si fa luogo di ricordi, d’interiorità,
di sensazioni antiche, di ombre. Alla mente gli interni bui dei palazzi siciliani
spazi di riparo da un esterno carico di luce bianca e accecante. In Gentili contraddizioni l'interno dialoga
con l'esterno, ogni visitatore della mostra accoglie il suo interiore attraverso
l’artista. Lo spazio artistico contiene artigli che sembrano radici di bronzo
attaccate a un ramo d'albero anch'esso di bronzo, può sembrare il bastone di un
viandante, di un pellegrino, accenna al vagabondaggio nella sua assidua
ricerca. Galizia parla di se stesso come lumaca che porta appresso la sua casa,
il guscio, con la valigia in mano per un continuo viaggio alla ricerca, dentro
il bagaglio le sue memorie e le sue origini. Il ricordo della prima volta a
Firenze per studiare all'Accademia di Belle Arti la biblioteca qui vicino il
primo luogo che ha visitato con un amico. Il processo mentale è sulla soglia
tra il dentro e il fuori, forse in contraddizione, attraverso l’apertura un
soffio di aria fresca e musica. La visuale è limitata è come dal buco della
serratura, percepiamo più che vedere, ascoltiamo, c’è proibito entrare, non
possiamo camminarci dentro rimaniamo allora sulla soglia a immaginare storie e
vite all'interno della stanza luogo d'arte. Non possiamo violare fisicamente
questo spazio artistico, l'artista lo proibisce, è un suo luogo sacro che
possiamo vedere solo in parte e sentire allora questo spazio diventa puro,
perché inviolato da noi profani, diventa un luogo sacro, incontaminato e
immacolato perché nessun visitatore può violarlo e portarci il proprio corpo e
il proprio vissuto, noi rimaniamo fuori, fuori dal luogo di creazione, fuori
col nostro vissuto che dialoga attraverso una finestra con quello che rimane il
luogo interiore dell'artista inviolabile, a noi solo la possibilità di
“spiare”.
www.giovannigalizia.com
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