L’uso iniziale del pongo per le sue variopinte, piccole e poi sempre più grandi sculture, fino a ricoprire e trasformare con esso oggetti quotidiani, non sono mai state dimenticate dal “suo” pubblico.

Attraverso le sue opere capiamo come nell’esistenza non risieda un’unica verità, ma tante verità. Nella poetica della Tomboloni tutto è dualità, nascita e morte, luce e ombra, tutto è trasformazione; il tempo scorre e ciclicamente ritorna, è come una ruota.
A terra tanti crateri in ceramica con diverse tonalità di verde creano un tappeto: è inquietante, scarafaggi escono dai buchi, ci richiama La metamorfosi di Kafka dove Gregor Samsa si sveglia insetto, vive la sua nuova vita cercando, in principio, di nascondere la sua forma. Ma la vita è fatta anche di scarafaggi: sporchi e disgustosi, cerchiamo di celarli, ma comunque vengono fuori, passeggiano sul nostro tappeto verde, erboso, primaverile. Tomboloni non ne fa un dramma, li accoglie, dà loro una forma ed un luogo dove farli camminare, li condivide con noi.
Tre figure femminili, esili. Il loro busto si allunga uscendo da una base che sembra una gonna, simili a dervisci, mediatrici tra cielo e terra, al principio della danza sacra, anime che si staccano dalla materia per l’estasi.
In questa mostra l’artista ci contagia con la sua capacità di vivere pienamente il dualismo della vita: dolore e gioia, luce e oscurità, morte e rinascita, distruzione e ricostruzione, sprigionando energia vitale che trasforma, trasmigra dalle sue mani imbrattate di argilla e colori, a noi, al mondo.
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