“Fibre di un altro
universo” è la mostra fotografica di Elisabetta Nencini alla Sala Antiquarium
Costantini - Museo Archeologico di Fiesole, fino al 17 febbraio 2013.
La fibra costituisce la parete cellulare delle piante ma in
questa sala ci troviamo davanti a foto che ritraggono scarti di fili elettrici,
di tubi di plastica, ferro, gomma o rame. Questo è ciò che rimane del
risanamento e della ristrutturazione di locali, di case, sono resti buttati a
ricordare quello che è stato e il cambiamento avvenuto. In alcune foto gli
scarti sono composti di elementi grandi, riconoscibili, poi si fanno sempre più
piccoli e filiformi da lontano potrebbero essere fili di lana, di cotone,
grovigli di filo da dipanare per farci gomitoli oppure fili di un ordito che
insieme alla trama intesserà il tessuto. Ci avviciniamo alle foto e l’illusione
scompare: sono sottili fili di rame, il rame, puro e ridotto in fili per
l’utilizzo dell'energia elettrica, sottili tubi di rame che trasportano acqua o
gas. Il rame è un conduttore, è resistente alla corrosione, scambia calore, è
batteriostatico, è facilmente lavorabile perché malleabile e duttile e si può
combinare con altri metalli per le leghe. Inoltre tramite esso le nostre parole
viaggiano nell’etere per comunicare, conducendo le nostre emozioni dall’interno
all’esterno. Le fibre che ci presenta l'artista creano pareti cellulari della
nostra realtà, scarti che contengono la nostra vita, i nostri ritmi quotidiani,
fibre di collegamento tra il nostro essere e l’esterno. Attraverso queste fibre
parte del nostro intimo si manifesta nel mondo, un altro universo si rivela e le foto ci parlano del riciclo che Nencini sapientemente fa
donandoci la trasformazione celata ai nostri occhi dall’apparenza. Fasci di
fili ricordano le reliquie, capelli veri o finti di parrucche colorate, o
ancora stoppa che i nostri nonni usavano per togliere l’olio dal vino nei
fiaschi ma poi la realtà: anch’essi sono fili, tubi, cavi elettrici. Guardando
alcune foto si ha l’impressione che ci sia una terza dimensione, gli scarti
vengono avanti, si staccano dal supporto fotografico. La materia stessa si
trasforma, alcuni scarti sembrano vermi nati dalla decomposizione di corpi
morti o ancora lombrichi che rendono la terra fertile, odorosa e di un marrone
denso, bello, caldo e accogliente per una nuova vita. Elisabetta Nencini
fotografa l’altra dimensione degli scarti urbani, un universo di avanzi
impregnati della nostra vita umana con le nostre speranze di rinnovamento e con
i fili trasmettitori di energie ed emozioni. Sono fibre esterne che conducono
da noi agli altri, da un luogo a un altro; sono vene, nervi, meridiani interni
al nostro corpo, conduttori di energie per vivere bene senza blocchi
energetici.
pubblicato su Cultura Commestibile del 9/2/2013
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