Un lungo mantello nero, una
sciarpa rossa al collo, questo è il mio più lontano ricordo di Aldo Frangioni
uomo di cultura, pittore, affabulatore, egocentrico, contorsionista del segno e
del colore, ironico, con una grande dose di affetto e un largo sorriso. Aldo non parla della sua
pittura perché è assurdo spiegarla, le parole sono di troppo, la sua arte è grammelot, dove il linguaggio pittorico
acquisisce espressività musicale in grado di comunicare emozioni e suggestioni.

Aldo dipinge mettendo insieme
segni, colori e forme fino a formare una pittura ricca di spunti e interruzioni
di spazi chiusi e aperti. I suoi quadri accolgono edifici, parchi, vaghe
memorie architettoniche e archeologiche. I segni quasi grafici delle sue opere s’insinuano
dentro di noi quasi fossero simboli, sulla tela le pennellate si scardinano ma
poi si ricollegano subito e le forme si aprono e si chiudono con armonia e
senza fatica. Tutto è privo e pieno di significato, l’unione degli elementi a
colpo d’occhio sembra casuale, c’è il tutto e il niente, è un gioco, è una
caccia al tesoro, è un volo d’uccello sopra la città che si spezza e si
ricompone in altro. Lui, falsamente distaccato, guarda dall’alto il mondo sotto
di lui, rileva, dipinge, annota, prende spunti e appunti dall’ambiente
circostante. Sviluppa mappe di cuori solitari, mappe di altri mondi, mappe
future e passate, la sua pittura è una continua rielaborazione, masticamento e
ricomposizione, la sensazione è quella che i segni si possono mischiare e
ricomporre all’infinito sempre con risultati diversi: è un ruminante della
pennellata.
La singolarità della sua arte
è che è molto controllata e nello stesso tempo allegramente fuori controllo ciò
crea una distensione-tensione. La sensazione che riceviamo è che all’origine ci
sia una pianificazione ben precisa come se Frangioni lavorasse sul territorio e
non sulla tela, ma poi gli elementi si mischiano stravolgendo le mappe e il
loro ordine iniziale. La mappa, infatti, è il tema delle ultime opere di Frangioni, etimologicamente
tovagliola da pranzo che i convitati portavano con sé per il pranzo e riportavano
con gli avanzi. Frangioni porta la sua mappa tovagliola nella realtà e la
riporta a noi con i resti del mondo festosamente disordinati e colorati per
creare nuovi spazi immaginari. Le sue mappe sono ricordi di tempi passati, dove
si scriveva su pezze di lino, oggi Frangioni scrive storie con il suo grammelot su tele strette, verticali che
suddivise per colori narrano la città
ideale o ancora mostra dedali di stradine, dove vagare con curiosità e dove
gli incontri sono imprevedibili e ci raccontano singolari storie.
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